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posso sapere cosa avrei fatto?
Niente, naturalmente rispose lei sarcastica. Per poco non mi hai
spezzato il polso nella stanza delle statue di cera. Ti sei comportato proprio
da vigliacco, lasciatelo dire. Hai suonato la campana con il martello e
quando siamo tornati nella foresta hai permesso che quella donna ti affer-
rasse prima di saltare nello stagno. Questo è tutto, caro mio.
Oh esclamò Digory sorpreso. E va bene, ti porgo le mie scuse.
Mi dispiace per quello che è successo nella sala delle statue. Accetta le
scuse e cerca di tornare presto, altrimenti non so cosa fare. Intesi?
Perché ti preoccupi? A te che cosa può succedere? Le sedie incande-
scenti e i blocchi di ghiaccio nel letto li troverà il signor Ketterly, no?
Non è questo, Polly. Sono preoccupato per mia madre: se quella stra-
na creatura entrasse all'improvviso nella sua camera, la mamma potrebbe
spaventarsi a morte.
Capisco disse Polly, stavolta con una voce diversa. E va bene,
facciamo la pace, ti prometto che appena sarà possibile tornerò da te. Ma
adesso devo andare. Polly oltrepassò la porticina ed entrò nel cunicolo
buio in mezzo alle travi. Fino a poche ore prima le era parso un posto ec-
citante e avventuroso, ma adesso sembrava tranquillo e familiare.
Vediamo intanto cosa stava combinando zio Andrew. Appena imboccate
le scale che portavano ai piani inferiori, il suo povero cuore aveva comin-
ciato a battere all'impazzata e di tanto in tanto aveva dovuto tergersi la
fronte con un fazzoletto. Appena raggiunta la stanza da letto, che si tro-
vava al piano immediatamente sotto lo studio, si era chiuso a chiave. A
questo punto, la prima cosa che gli venne da fare fu di aprire l'armadio e di
cercare la bottiglia e il bicchiere che da sempre teneva nascosti nel fondo,
lontano dallo sguardo vigile di zia Letty. Si era versato un bicchierino di
brandy invecchiato al punto giusto e l'aveva bevuto d'un fiato, poi aveva
respirato profondamente.
"Guarda cosa mi doveva succedere" pensava adesso. "E per di più alla
mia età. Oddio, che paura!"
Si versò un secondo bicchierino e lo trangugiò senza troppi complimen-
ti, poi decise di cambiarsi d'abito. Ragazzi miei, voi non avete mai visto
vestiti di quel genere, ma dal momento che io li ricordo nei minimi parti-
colari, proverò a descrivervi l'abbigliamento di zio Andrew. Per prima cosa
indossò uno di quei colletti inamidati che costringevano a tenere il mento
perennemente alzato; poi mise un panciotto bianco con taschino e sistemò
la catenella dell'orologio d'oro in modo che fosse bene in vista sul davanti.
Infilò la finanziera buona, cioè una giacca lunga e a doppio petto che in-
dossava solo nelle grandi occasioni, tipo matrimoni e funerali, e tirò fuori
il miglior cappello a cilindro. Lo spazzolò ben bene, scelse il più fresco da
un mazzo di fiori recisi e lo infilò all'occhiello. Prese un fazzoletto pulito
(di fattura squisita, come oggi non se ne trovano più) e lo profumò con
qualche goccia d'acqua di colonia.
Cercò gli occhiali da vista, cui aveva legato un nastro nero molto sottile,
e li appoggiò sul naso; infine si guardò allo specchio.
Come sapete, i bambini possono essere sciocchi per un verso e gli adulti
per un altro. In quel preciso momento lo zio si comportava da sciocco del
tipo adulto. Mi spiegherò meglio: adesso che non era più nella stanza della
strega, zio Andrew aveva dimenticato quanto lo avesse spaventato e non
faceva che pensare a quella bellezza unica e straordinaria. "Che donna, che
donna! Una creatura superba!" andava ripetendosi. Per qualche strana ra-
gione aveva perfino dimenticato che erano stati i ragazzi a trascinare nel
mondo quella "superba creatura". Al contrario, era convinto di averla evo-
cata lui stesso da luoghi sconosciuti.
"Andrew, vecchio mio" si disse mentre si ammirava allo specchio "gli
anni te li porti bene davvero. Sei un uomo elegante e distinto."
Per farla breve, quel pazzo sconsiderato si era convinto che la strega si
sarebbe perdutamente innamorata di lui. Probabilmente si era montato la
testa dopo aver messo il vestito buono e aver bevuto i due bicchierini di li-
quore: in ogni caso non faceva che pavoneggiarsi e questo era, in de-
finitiva, il motivo per il quale era diventato mago.
Aprì la porta della stanza da letto, scese di sotto, mandò la cameriera a
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